Banksy Barely Legal. Tra stampe irreverenti ed elefanti “da parati”
Celebre per il suo iter difficoltoso e ambiguo, Barely Legal, la mostra di Banksy a Los Angeles, rimane una delle più controverse e chiacchierate degli ultimi anni. Corre l’anno 2006 e Banksy, già noto come uno tra i più influenti street artist contemporanei, consacra la sua enigmatica figura al mondo dell’arte nel suo personalissimo modo: attraverso la satira più sfrenata e l’ironia amara tipiche della denuncia sociale del writer inglese.

Per l’occasione, Banksy prepara un grande show, celato fino all’ultimo al grande pubblico, e non solo. Richard Duardo, il famoso tipografo statunitense, con il suo team della Modern Multiples, viene contattato da Banksy – grazie al collega Shepard Fairey AKA OBEY – nei mesi precedenti attraverso comunicazioni rade e sporadiche, finché, a dieci giorni dall’opening, l’artista arriva negli USA con una mole straordinaria di lavoro. Le stampe da realizzare vengono battezzate Barely Legal Print Set: sei matrici per un minimo di 500 copie ognuna. Il progetto prevede una settima opera, in realtà mai realizzata per la complessità cromatica e i tempi ristretti.
Obbligati a ritmi frenetici per rispettare la deadline, gli stampatori riescono nell’impresa e le copie possono essere rilasciate durante la mostra: delle 500 per ogni matrice, solo 100 sono numerate, firmate e marchiate dall’artista. Oltre alle copie stampate dalla Modern Multiples, solo la Pictures of Wall londinese ha i permessi per due ulteriori tirature, tutte realizzate entro il 2006: oltre questa data le matrici originali vengono distrutte. Entrambe le edizioni sono rare e rappresentano un’occasione particolare nella storia dell’arte contemporanea, legate indissolubilmente alla mostra-evento talmente discussa.

Il 16 settembre 2006 è la data prescelta per l’inaugurazione della mostra e la sua ricerca è una vera e propria caccia al tesoro: l’indirizzo della sede non è reso pubblico fino alla mattina stessa dallo stesso Banksy. All’opening partecipano personaggi rinomati del mondo dell’arte e non solo: artisti, curatori, critici e collezionisti, ma anche celebrità, musicisti e personalità influenti. All’ingresso del magazzino industriale dismesso, una grande sorpresa attende i visitatori: un elefante indiano (per lo sfruttamento dell’animale Banksy viene aspramente criticato e denunciato dagli animalisti), decorato con un pattern usato per carte da parati, circola liberamente nello spazio; all’entrata, vengono distribuiti dei volantini con la scritta:
«C’è un elefante nella stanza. Venti miliardi di persone vivono al di sotto della soglia di povertà.»
Una stoccata, una pungente provocazione che spinge alla riflessione che tutti dovrebbero compiere.

Ugualmente penetrante è l’ironia che percorre tutte le serigrafie del Print Set: dal rosa pop pepto bismol di Grannies, che raffigura due anziane signore impegnate a ricamare dei maglioni di lana con le scritte “PUNK IS NOT DEAD” e “THUG FOR LIFE”, passando dal sarcasmo del primitivo Trolleys, dove cacciatori tribali accerchiano carrelli di un supermarket, alla battuta velenosa di Morons, con i suoi collezionisti d’arte che cercano di accaparrarsi un’opera che recita “I can’t believe you morons buy this shit”, Banksy conferma ancora una volta l’irriverenza insofferente della sua critica sociale e politica, scagliandosi contro la società consumistica contemporanea e la cecità della popolazione riguardo temi scottanti.


In occasione della mostra “Street Art. Da Basquiat a Banksy, i Re della Strada”, dall’ 8 ottobre 2017, Artrust esporrà anche le celebri opere della LA Barely Legal Edition, dedicando a Banksy uno spazio particolare. L’allestimento porrà in dialogo artisti contemporanei come El Bocho, Mr. Brainwash e Pure Evil, alcuni dei pionieri del graffitismo americano – SEEN, Cope2, Blade, ecc. – e personalità tra le più carismatiche e interessanti del secolo passato, come Keith Haring e Jean Michel Basquiat.