1960-1970: il decennio del Nouveau Réalisme
Esattamente 55 anni fa, il 27 ottobre del 1960, nasceva ufficialmente il movimento artistico del Nouveau Réalisme. Radunati dal critico d’arte Pierre Restany, gli artisti Yves Klein, Arman, Dufrêne, Hains, Raysse, Spoerri, Tinguely, Villeglé firmarono – in nove esemplari manoscritti – il Manifesto che decretò la nascita del gruppo. A questi si aggiunsero César, Rotella e più tardi Niki de Saint-Phalle, Deschamps e Christo.
La prima apparizione del termine Les Nouveau Réalistes si deve a Restany, che così intitolò un saggio pubblicato già nella primavera del 1960, in concomitanza con una esposizione collettiva alla Galleria Apollinaire di Milano i cui protagonisti erano i giovani ma già noti artisti francesi che saranno poi, capitanati da Yves Klein, tra i firmatari del Manifesto di ottobre.
Restany fu abile nel trasformare questo gruppo di amici in un vero e proprio movimento artistico riconoscendovi – pur nelle grande eterogeneità di intenzioni, mezzi e stili – un denominatore comune nel carattere contestatorio, ma soprattutto nella fondamentale riappropriazione del reale in ambito artistico.
Recita infatti il Manifesto: «Giovedì 27 ottobre 1960. I Nouveaux Réalistes hanno preso coscienza della loro singolarità collettiva. Nuovo Realismo = nuovo approccio percettivo del reale».

All’apice dell’arte gestuale, materica, astratta, i Nuovi Realisti invitavano a guardare al reale con uno nuovo sguardo, invocando un ritorno alla realtà che si concretizzava nell’utilizzo di oggetti d’uso comune: i prodotti dell’industria, ma soprattutto gli scarti, i rifiuti e tutti gli altri oggetti rigettati dalla società dei consumi di massa.
La realtà non era più riprodotta o imitata, ma “presentata”, immessa nell’opera artistica con tecniche miste e originali che superavano ogni distinzione canonica tra pittura, scultura e altre discipline artistiche.
E così, nel grande calderone del Nuovo Realismo, ritroviamo tante esperienze artistiche diverse: le accumulazioni di Arman, le macchine inutili e autodistruttrici di Jean Tinguely, i tableaux-pièges di Daniel Spoerri, le compressioni di César. A questo gruppo “materialista” e “tridimensionale”, si affianca quello degli Affichistes come Dufrêne, Hains, Villeglé e Rotella: in questo caso l’oggetto di recupero è il manifesto pubblicitario, strappato e ricomposto in décollages, in aperta rivolta contro l’omologazione consumistica. E poi ci sono le performances di Niki de Saint Phalle, gli impacchettaggi di Christo.
Le opere in foto sono state esposte nel corso della mostra «Daniel Spoerri − Eat Art in transformation» al m.a.x.museo di Chiasso e alla Galleria civica di Modena.
Il Nouveau Réalisme è stato il perfetto contraltare europeo all’esperienza americana della Pop Art: entrambi i movimenti erano infatti mossi dalla stessa esigenza di un ritorno al reale, ma se la Pop Art si è calata favorevolmente (o quanto meno acriticamente) nello scintillante mondo della serialità industriale, il Nouveau Réalisme ha scelto un approccio di assoluta opposizione, polemico, ribelle, dissacratorio.
La vita del movimento fu breve ma intensa, e avrà la sua massima attenzione pubblica tra il 1961 e 1963 con i due festival del Nouveau Réalisme a Nizza e Monaco. Quest’ultimo è stato l’ultimo evento collettivo del gruppo, i cui membri hanno poi proseguito nelle loro carriere individuali, salvo ritrovarsi per le grandi celebrazioni del decimo anniversario a Milano – la città dove tutte era cominciato – nel 1970.

Quello che successe tra il 27 e il 29 novembre di quell’anno è ancora nella memoria storica milanese: tre giorni di esibizioni pubbliche e performance, che attrassero l’attenzione dell’intera cittadinanza, accompagnate da proteste, scandali, boicottaggi.
Tutti gli artisti che avevano fatto parte del movimento si ritrovarono per una grande retrospettiva alla Rotonda della Besana, per celebrare il decennale della fondazione del gruppo e per omaggiare la memoria di Yves Klein (scomparso nel 1962). Christo progettò di impacchettare la statua di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo ma venne ostacolato da un gruppo di ex combattenti; ripiegò sulla statua di Leonardo da Vinci in piazza della Scala, ma il suo impacchettaggio venne bruciato da un gruppo neofascista. Arman distribuì mini accumulazioni di rifiuti in sacchi di plastica. Cesar realizzò una delle sue espansioni. Niki de Saint Phalle eseguì una delle sue sessioni di tiro con la carabina. Rotella dovette lottare con numerosi contestatori per incollare i suoi manifesti lacerati in via Formentini.
Un crescendo di performance e provocazione che toccò il suo apice la sera del 29 quando, proprio di fronte al Duomo, Jean Tinguely tolse il drappo viola che nascondeva al pubblico la sua opera La Vittoria: un gigantesco fallo dorato che esplose nel cielo notturno di Milano, tra fuochi di artificio, fumo e scintille, autodistruggendosi in meno di tre quarti d’ora.
L’anniversario del Movimento fu tuttavia anche il suo funerale ufficiale. Per la prima volta nella storia un movimento artistico aveva deciso esattamente la data del suo scioglimento. Sarà Daniel Spoerri a organizzare una grande Ultima Cena o Banchetto funebre dei Nouveaux Réalistes, offrendo a ciascuno dei membri del gruppo una specialità culinaria ispirata alle proprie opere.