Il nitore dell’argento: la tecnica vermeil
Durante il Settecento fu ideata una tecnica metallurgica capace di rendere l’argento immutabile e ancora più lucido. Questa lavorazione, chiamata vermeil, è ancora oggi usata per la realizzazione di oggetti di pregio.
Storia e procedimento
In svariate epoche gli artigiani del metallo si confrontarono con il problema dell’ossidazione dell’argento a contatto con l’aria, una reazione chimica che causava la corrosione del prezioso minerale e conseguentemente del manufatto creato con tale materia prima. La questione di fondo era spinosa e rispondeva alla seguente domanda: come poteva l’argenteria preservarsi intatta nel tempo?
La risposta fu fornita a metà del XVIII secolo da alcuni orafi francesi che, attraverso una doratura a fuoco, applicarono alla superficie dell’argento una lamina d’oro. Il procedimento consisteva in una bagnatura dell’oggetto con un composto d’oro e mercurio e in una successiva cottura in forno, fase nella quale il mercurio evaporava mentre l’oro aderiva all’argento. Alla fine ne risultava un oggetto inossidabile e dalla spiccata luminosità, più prezioso dell’argento e con i benefici tipici dell’oro. Tale lavorazione fu chiamata vermeil.
Etimologia
Vermeil definiva una particolare tecnica per ottenere dell’argento ricoperto da una fine placca d’oro ma letteralmente significava vermiglio, una tonalità di rosso che era estremamente difficile da riprodurre prima dell’avvento dei colori sintetici nel XIX secolo. Il termine derivava dal diminutivo latino vermicŭlu(m), indicante un “piccolo verme” che per antonomasia era la cocciniglia: un parassita delle piante sudamericano che se schiacciato ed essiccato produceva un colorante rosso vivo e duraturo. Le proprietà dell’insetto vennero sfruttate in Europa grazie alle esplorazioni dei conquistadores spagnoli e nel Cinquecento l’industria tessile del continente incominciò a dipendere dalla cocciniglia per la creazioni di tessuti di colore rosso, una tinta che per la sua rarità era appunto considerata regale ed era conseguentemente molto costosa (si pensi che il suo valore era paragonabile a quello dell’oro e dell’argento). In base a questo, è oggi possibile ipotizzare che i maestri orafi del Settecento francese avessero scelto la parola vermeil al fine di dare una connotazione di pregio e prestigio ai manufatti in argento dorato che realizzavano per i propri ricchi e famosi committenti.
Vantaggi
L’argento vermeil è comparabile nell’aspetto all’oro e per la via della sua composizione primaria di argento titolato 925/1000 è più resistente dell’oro. Inoltre è anallergico e capace di contrastare l’azione corrosiva dell’ossigeno. In passato, per via della sua spiccata capacità di riflettere la luce, era sfruttato nella realizzazione di piccole coppe per la degustazione del vino chiamate tastevin o Weinprobiereschale: la luminosità dell’argento vermeil risultava infatti fondamentale per l’analisi cromatica del vino in cantine che spesso erano buie.
Standard
L’argento placcato con l’oro deve possedere due precisi requisiti per essere definito vermeil:
- la base deve essere di argento sterling;
- la lamina d’oro deve essere almeno di 10 carati e di uno spessore di 1,5-2 micron.
Il valore di mercato dell’argento vermeil è maggiore rispetto all’argento e varia notevolmente a seconda della caratura dell’oro (da 10 fino a 32 carati).
L’argento vermeil oggi
Ancora oggi vengono realizzati pezzi d’argenteria vermeil (monili, medaglie, penne stilografiche, posate, etc.) ma con una fondamentale differenza: a causa dell’estrema tossicità del mercurio, la doratura a fuoco è stata abbandonata a favore della doratura galvanica che attraverso un metodo industriale di elettrolisi garantisce risultati uguali senza rischi per la salute.